Anastasia Coppola - Consegne View More

di Stefano Tarquini

Illustrazione di Anastasia Coppola

Mi sono svegliato presto e ho visto l’alba davanti la pescheria Jolly.  
La luce fredda colorare i quattro scalini che la signora Marisa spazza tutte le mattine, riempiendo d’acqua di mare il marciapiede di fronte.
Una volta aveva preso pure una denuncia perché un signore anziano c’era scivolato, mandando all’aria il femore e al creatore…varie ed eventuali.
La cosa poi era finita lì, ma più che a tarallucci e vino, con una bella fornitura di orate, spigole e gamberi reali. Tutti felici.

Mi passo una mano tra i capelli lasciando cadere i sogni ed i segni della notte passata, non ho di certo un buon odore, nè tutta sta voglia di affrontare la giornata.
Coccia sale in macchina senza salutare, col volume altissimo delle cuffiette che però non mi infastidisce. Si limita a fare un cenno con le labbra, le socchiude un attimo in un strettissimo ciao.
Lo vado a prendere tutte le mattine perché l’ex moglie gli ha levato macchina e mutande. Sono di strada e mi fa compagnia. Ci fermiamo al bar per colazione e gratta e vinci. Pago sempre io e non vinco mai.

Entro, timbro, leggo in bacheca il numero delle consegne: «Non c’è nessuno di famoso oggi?»

Leggo alla svelta i cognomi: «Rossi, Campoli, Marini, Guglielmo, Ciacci, Marini,ma chi Valeria?». Bestemmio senza farci caso.
«Sse, dai non scherzare!» dice.
«Leggi tu stesso!».
Ma dai, sarà un’omonimia, penso.
Anche perché in vent’anni di consegne mi era capitato solo Pippo Franco. Ma in quel periodo ogni giorno si veniva a sapere di qualcuno che aveva beccato l’indirizzo di qualche vip.
Pratesi sapeva dove abitava la De Filippi.
Santini, l’avvocato Taormina.
Vergari, Bruno Vespa…«a me belle fregne mai è!» Autoironia.

Coccia prende la consegna stropicciandosi gli occhi: «Non ci posso credere, Valeria Marini…».

Fare il corriere a Roma.
Una enorme rottura di coglioni che girano sempre almeno come gira su se stesso il Grande Raccordo. In qualsiasi direzione, a qualsiasi ora, una processione lenta e costante che trasforma il giorno in notte, le uscite in finte vie di fuga, il sangue un turista che non fa fotografie.

«Chissà come sarà Valeria Marini dal vivo?» dice il Coccia «t’è mai capitato qualcuno famoso?».
«No» rispondo.
«Ah si una volta ho consegnato un pacco ad una pornostar, aspetta come si chiamava? Ah si, tua madre!».
E scoppia a ridere mollandomi un bel diretto spalla destra.

Siamo amici da quando eravamo veramente piccoli.
Mai scuole insieme ma stessa via, stessa vita e stessa capoccia.
Tempo fa si presentò con una foto della prima comunione.
Damerini dai capelli arruffati e papillon.

Una volta avevamo anche provato a mettere su un gruppo musicale.
Lui cantava, io alla chitarra elettrica. Avevamo pure sistemato la cantina di mio padre, raccolto innumerevoli cartoni delle uova per tappezzare le pareti ma non facevamo altro che rimediare cazziatoni da tutto il palazzo e allora lasciammo stare.

Intanto arriviamo sotto casa di Valeria…
«Andiamo insieme?»…
«e si eh!».
Di solito io guido e aspetto sotto. Lui scende, fa la consegna, fa firmare la bolla e via.
Si attacca al citofono. «Prego salite pure io sono la – cazzo – cameriera di Valeria». Sbruffona.
Una ragazza splendida, di un est indefinito, alta, occhi chiari da ipnosi.

«Ma Valeria Valeria?» le faccio.
«In che senso?» risponde.
«Lasci perde mi scusi, ecco il pacco, una firma qui!».
«Deve pesare molto se lo portate in due» fa lei ironica.
«Ehm si, in effetti pesa molto…no, non è vero è solo che volevamo vedere se c’era la signora».

Il ghiaccio orami è frantumato.
«Sa, ma una foto insieme alla signora secondo lei si potrebbe fare? Giusto per far rosicare un po’ i nostri colleghi».
Ma a lei della cosa non gliene frega niente. Comincia a prenderci in giro. «Sapete fare anche altre cose in due oltre a sollevare questo enorme pacco pesantissimo?» Risate.

Ma dove vuole arrivare? Penso.
Cioè non ci sta provando con noi? Mi chiedo.
Sto sicuramente capendo male.
E invece no stavo capendo benissimo.

«Accomodatevi, vi faccio il caffè!»
«No signora non possiamo, andiamo di fretta, non si preoccupi»
«Insisto!» e sparisce dietro una parete piena di foto di vip, targhe, uno specchio immenso che arriva fino al pavimento.

Coccia gironzola per la stanza, io mi lancio sul divano che quasi mi inghiotte.
Chiudo appena gli occhi lasciando il cervello leggero sulla schienale, fino a farlo quasi cadere all’indietro, per poi riaprirli all’altezza della porta da dove quella era sparita.

Ricompare al contrario.
A testa in giù. Si ferma un attimo per farsi vedere.
Attira l’attenzione con un colpo di tosse.  
Allora rialzo la testa, mi volto con tutto il corpo spalmato sul divano e la guardo.
E’ completamente nuda.
Gelo totale.
Silenzio.
Non c’ha fatto di certo il caffè. Vertigine.
Dio mio, dio mio questa è matta penso. Coccia se la guarda, poi guarda me. Non ci crede. Non ci credo.

«Comunque io sono Mika, piacere!». Mica cazzi, penso.
«Il piacere è solo nostro guardi».
In un minuto non avevamo più i pantaloni.
Mika quel giorno voleva fare sesso ed eravamo capitati noi.
Poteva andargli meglio tutto sommato, ma si accontentò.
Dopo che eravamo venuti tutti e tre ci raccontò della sua vita ma senza piangersi addosso. Viveva solo all’ombra di qualcuno altro.

Si stava facendo tardi e noi dovevamo assolutamente finire il giro. Mika ci lasciò il suo numero di cellulare, l’indirizzo lo sapevamo.
«Scrivetemi quando volete, sono sempre qui da sola, ah e grazie mi ci voleva proprio, mi avete rimessa al mondo!»
Noi a te? Tu a noi mi sa, pensai.

La lasciamo lì, coi suoi pensieri fatti cadere ad un ad uno mentre va a farsi la doccia in silenzio e filiamo via. Giù di corsa per il cortile del palazzo, tra le fontane e le siepi ben curate e i salici piangenti che fanno tanta ombra. Di quelli coi rami forti, dove puoi legare due corde ad un pezzo di tavola ed improvvisare un’altalena.
O semplicemente far sedere i bambini in cerchio per la merenda.

Ed eccola là proprio davanti a noi: una Valeria Marini in incognito, che scende goffamente da una BMW grigio metallizzata con autista, un cappotto da uomo lungo fino ai polpacci, ben nascosta dietro la montatura eccentrica dei suoi occhiali da sole, appare.

 «Buongiorno!».
E scompare velocemente nel portone del palazzo.