Linea 900 – Carlo Emilio Gadda

di Silvia Cestoni

La vita

Nasce a Milano nel 1893 e muore a Roma nel 1973. Il padre era commerciante e la madre, di origine ungherese, era un’insegnante e poi direttrice. Fu molto legato al fratello minore Enrico, e la sua morte in guerra sarà per lui un grande trauma. Nel 1909 perde il padre che lascia la famiglia in miseria, anche perché quest’ultima cerca di continuare a mantenere un livello di vita agiato per dimostrare di non essere dei borghesi decaduti; inoltre il padre aveva fatto degli investimenti sbagliati e comprato una villa in Brianza (assai odiata da Gadda) per mantenere viva l’apparenza del benessere borghese. Fin dall’adolescenza Gadda ambisce ad essere uno scrittore ma sarà costretto dalla famiglia ad intraprendere gli studi di ingegneria, poi abbandonati per arruolarsi come volontario nella Grande Guerra presso il corpo degli Alpini. Gadda era un uomo metodico e rigoroso, con un’alta idea e grande stima della patria. Stima e illusione che perderà proprio a causa dell’esperienza della guerra dove vede l’incapacità dell’esercito italiano e l’eccessiva arretratezza. Sarà per lui una grande delusione, che tornerà nelle sue opere dove emergono numerose invettive e sarcasmi. Un grande trauma sarà per Gadda la disfatta di Caporetto, durante la quale sarà fatto prigioniero (che, allora, rappresentava un grande disonore che rasentava il tradimento) e portato in un campo di prigionia vicino Francoforte dove scriverà “Quaderni di prigionia” (che seguono “Quaderni di guerra”) che saranno pubblicati postumi e solo parzialmente. Al suo ritorno in Italia verrà a sapere della morte del fratello e questo sarà l’altro suo grande trauma. Nel 1919 intraprende l’attività di ingegnere viaggiano molto, anche in Argentina, ma la sua ambizione resterà comunque la scrittura. Tornato in Italia, il suo viaggio in Sud America sarà da ispirazione per la “Cognizione del dolore”.

Il mondo come caos

Gadda vede nel mondo un disordine a cui è possibile porre rimedio: il mondo è caos. Per Gadda il mondo è un pasticcio, un gomitolo, la vita è un “gliommero” ( una matassa ingarbugliata): l’uomo è immerso appieno in questo caos e quindi può averne una visione completa. Nonostante questo non deve mai smettere di cercare il capo della matassa (quest’idea del gliommero richiama il labirinto di Calvino dove l’uomo cerca una via d’uscita). La concezione gaddiana rappresenta il punto estremo della crisi.

“La Cognizione del dolore”, struttura dell’opera.

Il romanzo è composto da un saggio introduttivo del critico Gianfranco Contini, un’introduzione, la prima parte, la seconda parte e la poesia “Autunno”. Emerge una prima parte di stampo saggistico per poi entrare nel romanzo vero e proprio, di cui fa parte “Autunno”. Ma in realtà il testo è unitario: Reneè Genet scrive “Palinsesto” dove analizza la forma del testo, dicendo che quest’ultimo non è formato solo dal racconto. Egli parla di peritesto: ovvero gli elementi intorno al testo, come la copertina, l’indice, ecc; paratesto: esso non è solo ciò che integra il testo (come il saggio e l’introduzione) ma anche le note a piè di pagina e quelli che Gadda chiama i “chiarimenti indispensabili”; le note non sono parte del romanzo in senso stretto (nelle note troviamo anche citazioni da altri autori). Il romanzo è diviso in due parti: la prima e la seconda parte, ognuna delle quali è divisa in “tratti”

Intreccio e dimensione temporale

L’intreccio del romanzo non vede uno sviluppo rettilineo, ma neanche uno sviluppo spezzato da deviazioni, poiché non vi è solo una storia ma tante storie che si intrecciano. Spesso vengono fuori episodi del passato: il vero racconto si sviluppa in una profondità temporale in cui il passato ancora agisce sul presente. Il tempo è fondamentale e domina in verticale, corrispondendo alla memoria e all’inconscio.

Le prime pagine del romanzo

Gadda dà immediatamente delle coordinate temporali reali (1925 – 1933) e spaziali (queste ultime fantastiche poiché la vicenda è ambientata nel fittizio paese di Maradagal). Inizia spiegando che i cittadini potevano scegliere se pagare gli istituti di vigilanza notturni oppure no; descrive la difficile situazione economica; descrive le numerose malattie, come la Peronospora Banzavois (una malattia del granoturco). Dopo aver insistito su queste disgrazie cita la Brianza, alla quale il Maradagal somiglia molto: è infatti una parodia della descrizione positiva che fa Manzoni della Brianza. Inoltre, la descrizione di Gadda è allegorica: la pianta erosa è anche una pianta umanizzata e rappresenta il protagonista dell’opera, Gonzalo, colpito da numerosi mali. Viene poi narrato il conflitto tra Maradagal e il paese limitrofo Parapagàl, con un riferimento agli indios: è solo lì che capiamo che ci troviamo nel Sud America. Spesso emerge l’umorismo nero di Gadda: descrivendo la capitale Mastufazio egli descrive lo scenario dominato da una catena montuosa, quella del monte Serruchòn che richiama il Resegone manzoniano. Il testo è pieno di figure retoriche come la sinestesia, e spesso Gadda ironizza su se stesso

Il barocco linguistico e il significato della luce

Interessante dal punto di vista linguistico è l’utilizzo smodato da parte di Gadda di parole e immagini: è il “troppo pieno”, il cosiddetto Barocco gaddiano. Infatti, il racconto non procede, ma c’è soltanto un accumulo di parole, aggettivi, ecc.
Altro elemento importante in Gadda è la presenza della luce che, come dirà in seguito, rappresenta, affievolendosi, il cammino delle generazioni. La luce può essere vista come il simbolo della conoscenza (come nell’Illuminismo, ovvero l’illuminazione dell’oscurità e quindi l’eliminazione dell’ignoranza), ma anche come un avanzamento verso la felicità: qui invece, la luce recede  perché in realtà nulla cambia nella storia e il divenire è solo apparenza.