di Rachele Fattore
Illustrazioni di Anastasia Coppola
Edito da Einaudi per la prima volta nel 2004, “Nebbia e cenere” mescola elementi come nostalgia, rimpianto, frustrazione, dolore.
Per chi è nato nella nebbia o ne subisce il fascino.
Un caffè abbondantemente corretto di prima mattina al bar Eden e via si parte. Rusco, un autobus malandato che soffre l’età e il freddo, trasporta i bambini nelle desolate terre di provincia. Bruno, l’autista, ha da tempo rinunciato alle sue aspirazioni e trova in quel suo lavoro il conforto della sua solitudine.
Bruno: trentotto anni e un concentrato di nostalgia e frustrazione. La vita a Lancimago ruota attorno alla scuola e al bar di Lucilla dove si discute di calcio, si fuma senza sosta e si fanno partite di biliardo. Tutti si trovano lì, compagni d’infanzia divenuti la colonna portante del paese: il medico, il carabiniere, l’autista. Ma quegli amici, a differenza di Bruno, si sono fatti una famiglia e quando la solitudine lo attanaglia e lui li cerca al bancone del bar senza trovarli, si rende conto di quanto sia stata inconcludente la sua vita e di quanto gli manchi Serena, la sua ex.
Il peso che portano i bambini.
Essere bambini sembra facile, ma nessuno più di Bruno capisce quante fatiche possano portare le spalle fragili dei bambini. Lui, che da piccolo era per tutti il fratello dell’indemoniata, capisce dal loro sguardo come possono aver passato la notte. Per Francesco, Chiara, Martina e Christan lui è uno zio, qualcuno di fidato con cui confidarsi nel tragitto da casa a scuola. Ognuno di loro, preso da un piccolo dramma, un desiderio, la voglia di fuggire, si avvicina al posto di guida e si scrolla di dosso un po’ di peso. Sanno di potersi fidare.
Illusioni e ossessioni degli adulti.
Ci sono scorci di una Bologna universitaria fatta di mostre fotografiche, feste e spensieratezza. E c’è la vastità della campagna padana per mesi avvolta dalla nebbia dove ogni cosa sembra dello stesso identico colore, dove non si vede l’azzurro del cielo, dove la vita si dilata nell’attesa del giorno successivo e con essa le ossessioni. L’illusione di un momentaneo ritorno al passato può trasformare l’euforia in amarezza.
Serena dopo mesi in una relazione poco convincente, lascia Bruno e quella campagna che la soffoca e si trasferisce in città. Bruno invece, mai rassegnatosi alla fine della loro relazione, con l’avvicinarsi del Natale decide di riprovarci e organizza un revival che, né è certo, la farà ritornare al suo fianco.
In questo romanzo l’atmosfera del paesaggio rispecchia in pieno la solitudine del protagonista; talvolta diventa complice delle vicende narrate. A tratti ironico e dolce, il romanzo scorre piacevolmente verso l’epilogo. Alcune sottotrame, funzionali alla caratterizzazione del protagonista, rimangono purtroppo aperte senza tuttavia togliere fascino al romanzo.