Aspettando il tram

La teoria dei gruppi

di Davide Paciello
Illustrazione di Francesca Bosco

Alla fermata del tram, un gruppo di adolescenti e testimoni di Cristo.

Gli adolescenti sembrano individui senz’anima, ingoiati dallo sforzo disumano di crearsi una propria identità all’interno di un mondo ostile. Iniziano il loro personale “viaggio dell’eroe” alla ricerca di sé: coraggiosi o vili, buoni o cattivi, intelligenti o stupidi? Come si riveleranno alla fine?
Per ora sono solo un insieme indistinto di modi di dire e di fare, di atteggiamenti.
Proteggono una personalità incerta con l’adesione ad un gruppo.

Il problema è che, l’adesione ad un “noi”, per superare l’impotenza di un “io”, è caratteristica anche di questi adulti predicatori del Signore.

Metto le cuffie, per rendere esplicito il mio non voler interagire.

Ah, i gruppi, rifugio delle identità fragili.
“Non sai come vivere la tua vita? Unisciti a noi!” “Ti piace usare la Forza per scopi personali ma non ti senti accettato dai Jedi? Diventa Sith!”.
I “noi qualcosa” dominano le nostre vite, da WA a Telegram esiste un gruppo per chiunque e per qualsiasi cosa. “Noi LGBTQIPlus”, “Noi vegan”, “Noi italiani”, “Noi della domenica in bici”…
Noi chi?!

Quando la discussione prevede un “noi” contro “voi” è guerra.
L’empatia rallenta il desiderio di fare del male al prossimo, ma se il prossimo è un gruppo beh allora non sto attaccando una persona, ma un concetto.

Arrivano altri personaggi cantando inni di calcio.

Ultras, diversi per età, professione, ceto sociale e culturale, ma uniti nell’adesione incondizionata e irrazionale ad una squadra di proprietà privata in cui giocano uomini, di diversi Paesi, per meri motivi economici. Non ho mai capito questa fedeltà e fede cieca in qualcosa di assolutamente astratto, che siano i romanisti, i cattolici o i fan di Star Wars. Per non parlare di quelli la cui vita è così vuota che solo la fedeltà ad un brand riesce a giustificarla: uso solo WA, ma che faccio, non mi compro l’intero set Apple? Altrimenti come dimostrerei la mia fedeltà?!

Perché il problema dei gruppi è che devi sempre dimostrare di esser degno di appartenervi.
Si pensi al maschio cis etero bianco: passa una ragazza e parte lo schema comportamentale atto a dimostrare che appartiene ad una casta privilegiata, riverita e forte.
Le regole del gruppo sono chiare: manifesta sempre la tua eterosessualità e mascolinità; considera le femmine oggetti; la femmina è debole, zoccola o madre amorevole. Non importa la reazione di lei alla molestia, quello che conta è l’aver dimostrato a se stessi, e al gruppo, di essere un vero maschio.

Mi alzo dalla panchina in un moto di ingiustificato ottimismo.

Per quanto dimostri fedeltà al gruppo ti verrà sempre richiesta una nuova prova perché chiunque è pronto ad accusarti di eresia o apatia.
Il “gruppo” non è reale.
Il gruppo è un’invenzione delle personalità fragili e ognuno ci riversa dentro quello di cui ha bisogno, ogni individuo è fragile in modo diverso.
Se due individualità emergono con una propria personalità, allora ci sono solo due possibilità: o sei Stalin o sei quello con la picconata in testa.
Se sei il primo, però, diventi il gruppo e passi dall’essere una persona all’essere un personaggio, costretto a portare avanti la recita fino alle estreme conseguenze, a volte fin oltre la morte.
“Gesù, salvati dalla croce”, “No raga, ormai la cosa c’è sfuggita di mano, me tocca farme ammzzà, ma ricordate: chi nun me segue è n’infame!”

Mi guardo intorno aspettando che arrivi il tram…o lo zio di Christian de Sica col piccone.


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