La signora nel furgone_cover libro

La signora nel furgone di Alan Bennett: siamo sicuri che esista un solo modo giusto di vivere? Recensione

di Rachele Fattore

Illustrazione di Anastasia Coppola

Editato da Adelphi nel 2003, “La signora nel furgone” è un racconto grottesco ed esilarante, denso di quello humor inglese che lascia un retrogusto amaro e malinconico.

Un bizzarro “coinquilino”

Camden Town.
Uno scrittore ospita una settantenne barbona e il suo furgone fetido nel vialetto di casa. Inizia così una storia di inclusione e bizzarra coabitazione, senza sentimentalismi. Una storia che ha il colore della vernice gialla e odora di borotalco, caramelle al limone e miasmi corporei.

Sul vialetto della vita

Questo romanzo breve, basato su una storia vera, inizia come un racconto e continua a tappe di mesi ed anni.

È il 1974.
Lo scrittore Alan Bennett è continuamente distratto dall’ingombrante presenza di un furgone e dai gesti di intolleranza che l’anziana proprietaria attrae. Così, un giorno, decide di ospitare la settantenne Miss Shepherd e il suo furgone Bedford nel vialetto di casa. Un gesto lontano dall’atto caritatevole che tuttavia restituisce dignità all’anziana.
Il rodaggio del loro insolito rapporto si gioca a suon di piccole scaramucce, sempre vinte dall’anziana. Lei, miss Shepherd, non è di certo un personaggio nella norma: amante dei motori, ex autista di ambulanze in tempo di guerra ed ex promessa suora.

La loro è una convivenza fatta di reciproca accettazione. Nessuno dei due protagonisti fa un vero passo nella vita dell’altro. Nessuno fa richieste che l’altro non sarebbe disposto ad assecondare. Da un lato la vita sedentaria di uno scrittore in cerca di ispirazione, dall’altra quella fatta di fughe di una donna esuberante giunta al termine della sua vita.

Entrambi trovano beneficio in quella sorta di libertà “vigilata” tra il vialetto di casa e il furgone pieno di immondizia e abiti vecchi.

A chi ha trovato un posto dove stare ma continua a cercare delle risposte

Il linguaggio, semplice ed evocativo, mette il lettore nei panni di un dirimpettaio della strana coppia.
Glouchester Crescent e il furgone sono parimenti teatro della vicenda: nelle liti con i passanti chiassosi o in quella sagoma raccolta in preghiera che si intravede attraverso le tende lacere del furgone. 

Petulante e astiosa, Miss Shepherd solletica al contempo pietà e intolleranza, gli stessi sentimenti del suo benefattore. L’anziana donna incarna la complessità umana, suscitando emozioni contrastanti. Un animale ferito e guardingo, un’irriverente pazza squinternata, un’anziana fragile e una dispettosa barbona, paladina del buon senso e della verità, stravagante, determinata e insopportabilmente reticente. Dove sta il confine? Si rimane sospesi fino alle ultime pagine, quando solo trovando il coraggio di entrare nell’abitacolo nauseabondo si comincerà a sbucciare gli strati di cose ammassate sul pavimento per trovare la verità sull’identità di quella donna irriverente ed egoista.

Nel romanzo, insieme agli schizzi di vernice gialla, si mescolano la miseria, la sofferenza per una vita piena di imprevisti e una generosità modesta ma importante. Siamo davvero sicuri che ci sia solo un modo giusto di vivere? Ci ritroviamo tutti un po’ in Alan e un po’ in Miss Shepherd, incapaci di tracciare una linea netta tra quello che avremmo fatto o no, tra quello che siamo e potremmo comunque essere.