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di Jolanda

Illustrazione di Anastasia Coppola

«E sbrigate! Alle sei dobbiamo cerca’ de sta lì dai!»
«Ma perché il concerto inizia alle sei? Ma poi, sono le quattro! Boh, io non ti capisco».
«Non è che inizia, però, metti mezz’ora per arrivare con la macchina ad Anagnina, piglia la metro, cambia, poi arriva a Pietralata, fatti il pezzo a piedi fino all’Arci, metti pure che sbajo col navigatore, se so fatte le sette e mezza e lo vediamo col binocolo, anzi, col cazzo lo vediamo Giancane».
«Eeeh ma che te vuoi fa sudà addosso da Giancane?».
«SI, STAVOLTA DEVO STA’ SOTTO AL PALCO, ME DEVONO ARRIVA’ LE GOCCE SUE. SBRIGATE, Costà!».

Da quell’ultimo sincero, sentito, imperiosissimo “sbrigate” ci avevo ricavato solamente una mezz’ora di ritardo.
Ero soddisfatta.
Alle 16.30 eravamo in macchina, pronte, ed io ero già lì ad immaginarmi in prima fila – no, dai, seconda – a fare una delle più belle sudate da concerto mai viste prima.
Mentre pogavamo dovevamo scivolare l’uno sull’altro.

Macchina parcheggiata, metro presa, cambio a Termini, metro B direzione Pietralata – quasi vuota – e…
«Ah, aspetta!»
«Eh vabbè Costà so’ trent’anni che te conosco, fammela na volta sta sorpresa de arriva’ in orario da qualche parte prima de ave’ circumnavigato Roma. Che è successo, che te sei dimenticata?»
«Parti col pregiudizio: perché devo essermi dimenticata qualcosa?».
Respiro profondamente per evitare scenate e con un tono di voce estremamente calmo, rispondo: «E allora cosa?»
«No niente, c’hai ragione, mi sono dimenticata la bandana gialla. Dobbiamo andarla a prendere».

Costanza ed io siamo amiche, a conti fatti, da circa trent’anni ed un suo tremendo difetto è l’ingenuità con cui fa qualsiasi cosa, qualsiasi azione. Per lei è tutto reversibile, nulla con delle conseguenze, nulla a cui non si possa rimediare.
Costanza è perfettamente l’opposto del mio cinismo, che poi “cinismo” è il nome che la gente dà al realismo quando non è capace di sopportare la realtà per quella che è.
Tralascio tutto il calendario che avrei voluto urlarle e rimango in silenzio.
Mi limito a rovistare impazientemente nella sacca che porto a spalla io, prendo i biglietti della metro e gliene porgo uno.
Alla fine del concerto – dopo almeno tre birre a testa ed un tamburo martellante nelle orecchie – Costanza mi avrebbe detto ridendo: «C’avevi na faccia prima, stavi incazzata nera, ma facevi ride».
Facevo “ride”.
Mi stava partendo l’embolo, ma facevo “ride”.
Non batto ciglio perché so che di questa bandana giallo limone non se ne può proprio fare a meno.

Avevamo quindici anni quando, in una giornata estiva, mentre mangiavamo un gelato, immerse nella nostra spensierata noia del momento, Costanza mi raccontò un episodio accadutole quando era molto piccola, non specificandomi età o altro.
Il padre era un interprete italiano, laureato in lingue orientali, molto richiesto dalle più grandi aziende petrolifere italiane e questo lo portava a viaggiare moltissimo, soprattutto in Libia ed in Marocco. In uno dei suoi viaggi portò Costanza con sé e, mentre camminavano l’uno accanto all’altra in uno dei grandi ed affollati mercati, Costanza sparì.
Il suo racconto non aveva particolari dettagli, se non il fatto che il padre, prima di uscire, le avesse fatto indossare una bandana gialla.
Fu proprio quella che premise al padre di ritrovare Costanza in una bancarella di spezie, accanto alla curcuma.
Costanza diceva di non avere paura della folla, quanto, piuttosto, di aver paura di  perdersi in posti affollati e quella dannatissima bandana giallo limone era il lasciapassare per addentrarsi nella fiumana; la mia unica, sola, gialla ed imperdibile possibilità di andare a vedere sto cazzo di Giancane.

Da due settimane ripenso continuamente a quel concerto: il meno sudato e con la peggiore visuale di sempre – ultima fila, facevamo praticamente servizio d’ordine – ma il più bello ed il più spensierato, prima che tutto finisse, prima di non poterti più dire «ci vediamo domani».

Adesso non so dove sei e non so dove cercarti, quindi ho messo io la tua bandana giallo limone così magari riuscirai a trovarmi tu.