Serena Saia - Piramide Blu Notte View More

Secondo Indizio

di Stefania Coco Scalisi

Illustrazione di Serena Saia

“Piramide. Blu notte

Quale mente perversa si celava dietro questi indizi?
Ma poi, che indizi erano?
Un indizio ti dovrebbe aiutare a capire qualcosa, imbeccarti un’epifania, non crearti confusione ed ansia!

Era questo quello a cui pensava mentre percorreva senza sosta con la sua vespa le strade della città.
Vuote, vuotissime, come se tutti avessero deciso di lasciarla sola nella sua disperata ricerca dell’El Dorado alcolico mentre lei continuava  ad arrovellarsi su quelle tre parole: piramide, blu notte.
Che fosse un night club?
Una cosa tipo Dea della Notte o Sexy Disco.
Sì, aveva senso, sentiva essere una buona pista.

Cercò su Google i night club che facessero un qualche riferimento alle piramidi ma l’unica cosa che si avvicinava era un locale, in una zona recondita della città, che si chiamava Kleopatra, con la K, non con la C.
Così, priva di altre intuizioni, seguì quella traccia.
In fondo Cleopatra, quella con la C, era o non era stata la regina d’Egitto, il cui indiscusso simbolo erano le piramidi? Beh, sì, doveva per forza avere ragione.
Si rimise in sella, e partì.

I palazzi le sfilavano accanto, rapidi, e lei per un attimo si sentì la padrona assoluta della città.
Sola, col vento in faccia, unica impavida cercatrice di un tesoro.
Fu mentre raggiungeva questa nuova consapevolezza che lo vide: un puntino che avanzava e che diventava a mano a mano più grande. Quando erano praticamente accanto, fu accecata dal rosso della sua maglia, un bagliore durato un attimo e seguito da un rumore sordo.
Si voltò, e vide che si trattava di una persona, su una bici, a terra.
Oh Dio, e se fosse stata lei a buttarlo giù?
Frenò subito e corse indietro, per vedere cosa si era fatto.

«Ehi, stai bene?» disse scuotendolo per il braccio
Quello non si muoveva.
Non è che forse…No, non voleva neanche pensarci.
«Ehiiii» urlò ancora più forte.
Poi finalmente si rasserenò. Lo vide muoversi, o meglio, muovere le spalle, in su e in giù, in su e in giù, ancora ed ancora. Accanto a lui, l’abbaglio in rosso: un’enorme zaino di consegne, e, sparpagliate a terra, dei cartoni della pizza.

«Ti sei fatto male? Come stai?».
«Niente, niente».
«Sei sicuro?».
«Si, si, sto bene».
«Ma come sei caduto?».
«Il ramo. È colpa del ramo» disse indicando un punto a terra.

Rasserenata, sorrise.
Non era colpa sua, poteva riprendere la sua caccia al tesoro in tutta tranquillità.
Ma quando fece per andarsene, qualcosa la trattenne. Uno strano lamento, una specie di guaito dolente.
Stava piangendo. Il ragazzo piangeva. Tornò indietro, maledette scuole cattoliche.

«Ohi, perché piangi? Ti fa male qualcosa?».
«Perdo il lavoro, perdo il lavoro» continuava a ripetere dondolandosi su e giù.
«Ma no dai, vedrai che non è un problema. Cioè hai pure avuto un incidente, vedrai che capiranno».
«Perdo la casa, perdo la casa» continuava imperterrito.
«Senti hai avuto un incidente, non è colpa tua!».
«È colpa mia!! Io sono caduto! Se non consegno queste pizze mi licenziano! Vuoi capire?» le urlò contro.

Fu combattuta tra la voglia di mandarlo a fanculo e la pena per quel pianto che non sembrava riuscire a fermarsi.
«Ho avuto un’idea!»
Lui si sollevò a guardarla, asciugandosi il naso col dorso della mano.
«Ti accompagno io col motorino. Lascia la bici qui, legata all’albero, e poi torni a prenderla! Vedrai che con la vespa facciamo in un attimo!».
«Davvero? Davvero lo fai?».
Davvero lo avrebbe fatto.
E se quello stronzo del karma non la ripagava, erano problemi suoi.

Così, partirono.
Lei guidava il più velocemente possibile, lui scendeva al volo a consegnare le pizze.
In nemmeno un quarto d’ora avevano terminato.
Lo riaccompagnò alla bici e senza scendere dalla vespa gli chiese:
«Senti ma non è che per caso te sei egiziano?».
«Si, perché?».
«No perché dovrei cercare una piramide è proprio non saprei…».
Prima di terminare la frase, sentì il solito trillo in tasca.

“Per oggi terminiamo qui. Ci rivediamo tra due giorni. Parola d’ordine: Castello. Verde scuro.

Avvilita, si accasciò sul manubrio.
«Ehi, non piangere! Perché cerchi una piramide, qui?».
«No guarda, lasciamo perdere. È una lunga storia…».
«Ti aiuto! Come tu hai aiutato me!».
«No davvero. Non c’è più nulla da fare. Cioè mi serviva prima, ma adesso non mi serve più. Ora devo cercare un castello!»
Lui la guardò intensamente negli occhi.

«Amica mia, sicura di stare bene?» chiese con un tono vagamente preoccupato.
«Ma si certo! Sto benissimo. Non capiresti, davvero!».
Ed in effetti, sentita dal di fuori, la sua richiesta era quantomeno strana.
Ma come faceva a spiegargli di più se lei stessa non ci stava capendo nulla di tutta quella storia?
Così tacque ed il ragazzo, di fronte al suo afflitto silenzio, capì di non poter essere di alcun aiuto.
Senza aggiungere altro, prese la bici ed andò via.

Mentre lo guardava allontanarsi, credette di sentirlo urlare:
«Addio ragazza pazza! Vedrai che alla fine quello che cerchi lo trovi! Inshallah».

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