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di
Federico Cirillo

 

Freddo. Sonno. Sonno, freddo e poca voglia di vivere: come ogni giorno dopo la domenica, è di nuovo il lunedì più lunedì dell’intera settimana. Potevo rimane a letto, mi inventavo ‘na febbre, un malanno, la tosse, ‘na meningite. Ce credevano pure – sbadiglio – considerando che a Garbatella c’è stato il caso della scuola che…ah il 23. Freddo, pure sul 23.
Quanto è lunga Ostiense stamattina. Ancora dobbiamo affacciarci a Piramide che già c’è un po’ di traffico che blocca la circolazione e dà semaforo verde alle bestemmie. «…man, you’ve got to be sincere…If you’re really sincere (parara) If you’re really sincere (parara) If you feel it in here Then it’s gotta be right Oh, baby! Oh, honey Hug me, suffer… che dicono questi?». Via le cuffie; via Birdie dalle orecchie (peccato mi stavo a fomenta) e via, proiettato nell’ennesima puntata de I cazzi degli altri:
«… che l’ha detto davvero!» chiosa l’anziano con la coppola.
«Ma ne è sicuro?» chiede il ragazzo con il Montgomery blu, aggiungendo «Magari ha sentito male…».
«No, no – rincara la vecchina con due buste in mano – l’ho sentito pur’io, ma tanto io scendo a Piramide, che me frega».
«L’ha detto davero, l’ho sentito bene. È come dice il signore» rincara un omone grassoccio dagli zigomi arrossiti dal freddo e un naso troppo schiacciato che lo rende buffo data la stazza.
«Ma che ha detto? – domanda una ragazza incuriosita, come me, dal vociare insolito e preoccupato.
«Me sa che ha detto… quella cosa, quella dell’Isi» specifica l’anziano con la coppola, abbassando lo sguardo e il tono di voce. Il capannello si scuote – insieme al 23 che si immette sulla sfilza di Lungoteveri – e diventa tutto uno scattar nervoso di teste alla ricerca dell’eventuale ayatollah.
«Ma chi? Chi è stato?» «Oddio mo’ esplodemo»
«Signò ma lei non doveva scenne?»
«E mo’ so’ curiosa de capi’ chi è! Famme un favore giovino’, se sposti un po’ così guardo meglio in fondo, so’ bassina sa…io nun vedo…manco un arabo».
«Ma no, no, non vi fate sgama’… me pare è uno un po’ tarchiatello… scuretto, occhiali da sceicco tipo… parla tutto strano ma quella cosa l’ha detta so sicuro»
«E se se fa esplode davvero?? Che famo??»
«Eh, e che famo? O scennemo o morimo… io però devo arriva’ al Vaticano, mortacci sua, ma proprio sul 23? N’s’è mai sentito su»
«Noo, e quello sicuro – colpo di genio del giovane studente targato Lumsa – se fa esplode al Vaticano cazzo. Sicuro» «Allora scennemo alla fermata prima… così io vado a lavoro tranquillo e famo pure du foto a… no vabbè meglio non pensacce».
«Oddio, oddio… – la ragazza adesso è bianca come un cencio – l’ha ridetto, ad alta voce, al telefono… l’ho… l’ho sentito bene. Fatemi scendere… accosti – bussando sul vetro dell’autista –accosti».
«Sì, scendo anche io, non voglio mori’ sull’atac, già è ‘na bara nei giorni normali, figurati se la voglio come ultima immagine».
«Sì, andiamo e fammi di’ su facebook che sto bene, sennò si preoccupano».
«Su che?».
«Su facebook signo’, il social che…» e scendono ad uno degli innumerevoli lungotevere.

Mi giro e mi guardo intorno. Il 23 si è svuotato, c’è pure posto a sedere. Intanto dal fondo un uomo tarchiato, scuretto di carnagione, ampie e folte sopracciglia e dei Rayban neri, concitato parla al telefono mentre si avvicina alla porta del bus. L’attentatore, l’ayatollah! penso e adesso ce l’ho davanti e riesco ad ascoltare perfettamente la sua voce, la sua cadenza e il suo tono: «…allà, t’aggia ritt’ allà! ALLÀ A’O BBAR ce verimm uagliò, quante volte te l’aggia spiega’?» e preso dalla stizza di chi non riesce a farsi capire al telefono, Salvatore Ascione, docente di letteratura anglo americana alla John Cabot University, originario di Ercolano, scese con passo svelto ostacolato dal lungo giaccone nero.