di
Lorenzo Desirò
Per raggiungere con i mezzi pubblici la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Tor Vergata bisogna scendere al capolinea della metro A – Anagnina, prendere il bus 500 e scendere ad una fermata il cui nome ora vi verrà raccontato. Questa è la vera storia di un nome di una via.
Questa è la storia di Bernardino Alì.
Pochi giorni dopo la nascita i genitori si recarono all’anagrafe e lo registrarono come Bernardo.
«E il cognome?» chiese l’impiegato.
«Non lo sappiamo…» dissero madre e padre.
«Ma è uguale al suo» sorrise l’impiegato rivolgendosi al padre.
Il padre di Bernardo abbassò gli occhi poi volse lo sguardo alla moglie, poi al piccolo nel passeggino.
L’impiegato non sapeva che il padre di Bernardo aveva venduto il suo cognome per comprare delle scarpe nuove a sua moglie in vista del prossimo rude inverno.
«io…» disse il padre guardando il nuovonato che tirava i pugni all’aria come fosse un pugile.
«io…»
Bernardo continuava a muovere i pugnetti verso il soffitto dell’ufficio, come un pugile, come Muhammad Alì. Alì…Alì !
«…io faccio di cognome Alì» disse il padre.
Bernardo Alì col passare degli anni rimase piccolo di statura tanto che tutti, ma proprio tutti, lo chiamavano Bernardino.
La povertà spinse Bernardino sin dall’infanzia a farsi strada nel mondo con il metodo che sin dalla culla lo aveva accompagnato: tirare i pugni.
Faceva a botte con tutti: compagni di classe, maestri, bidelli, genitori dei compagni di classe, genitori dei maestri, genitori dei bidelli. Tutti. E tutti, sempre, uscivano malconci dal confronto col piccolo. Il suo dare pugni era un’arte e mai cognome fu più azzeccato da un genitore.
Il quartiere Romanina, che allora andava costituendosi, era un vero e proprio Bronx (non come oggi che è un vero e proprio quartiere “in” per ricconi) ed era facile imbattersi nella microcriminalità di periferia. Grazie alle sue doti, Bernardino Alì in età preadolescenziale fece subito strada nella Mala, lavorando per una famiglia, il cui Boss era la famigerata e senza scrupoli Monica. La sera tutta la famiglia criminale si riuniva a Casa di Monica (quella della famiglia della Casa di Monica è un’altra storia di cui ora non posso parlarvi troppo…) e prendeva decisioni sugli affari da concludere il giorno dopo.
Bernardino Alì, date le sue capacità sovrannaturali, era diventato il numero uno della riscossione del Pizzo. Chi non pagava doveva vedersela con Alì e quei pochi che non pagavano hanno trascorso la loro misera vita comunicando al prossimo allo stesso modo di Stephen Hawking.
Bernardino Alì era la Paura del Quartiere. Bernardino Alì era l’incubo di tutti.
Ma morì all’improvviso, in un incidente d’auto provocato da un pianoforte che inspiegabilmente uscì dal portellone di un camion e si andò a schiantare contro la sua Panda 4×4 verde.
Alla sua morte, il riscossore del Pizzo del Quartiere , Bernardino Alì era diventato una leggenda, una sorta di Candyman nostrano: si dice che se pronunci il nome Bernardino Alì 3 volte dinnanzi ad uno specchio lui arriva e ti spacca il naso.
Sul nuovo stradone sempre nei pressi della Romanina, la sua famiglia, quella vera, quella di Monica, il giorno dopo la sua Morte scrisse con lo spray un po’ come monito, un po’ per non dimenticarlo: Bernardino Alì Mena!
La facoltà di Giurisprudenza venne edificata decine d’anni dopo. La scritta era ancora lì, sul muro del nuovo stradone di quel quartiere che non era ancora un quartiere ma il resto di un vecchio Bronx che il comune aveva deciso di riqualificare asfaltandolo del tutto e piazzandoci un’Università.
Di quella scritta un po’ sbiadita, un po’ scolorita, un po’ confusa se ne accorse un dottorone-professorone che sorridendo disse: «Bernardino Alimena, che grande persona! Che immenso Giurista!» e propose il nome della nuova via che avrebbe accolto la facoltà di Giurisprudenza al comune.
E il nome venne accettato.
Per raggiungere la facoltà di Giurisprudenza della seconda Università di Roma bisogna recarsi al capolinea della linea A. Prendere il 500 e scendere alla fermata Bernardino Alimena.